
Lo scorso fine settimana il Premio Campiello ha finito la sua lunga corsa con la proclamazione del vincitore, anzi della vincitrice. Di Wanda Marasco e del suo Di spalle a questo mondo abbiamo già detto. Ma un'altra grande soddisfazione ci ha riservato il premio veneto, assegnando il Campiello alla carriera a Laura Pariani, nata con Sellerio, passata per altre importanti sigle editoriali e accasatasi negli ultimi anni con La nave di Teseo, altra casa di casa in PDE.
Un premio alla carriera meritatissimo, perché Pariani ha attraversato la scrittura narrativa e letteraria da protagonista, con ben trentacinque titoli tra romanzi e racconti e memorie di viaggio – l'ultimo dei quali, Primamà, è proprio appena uscito – cui si aggiungono poco meno di una ventina di testi per il teatro.
Amatissima fin dall'esordio, l'indimenticato Di corno o d'oro, del 1993, nella sua lunga carriera, come recita la motivazione del premio, ?Pariani ha messo in dialogo i vertici della poesia - a partire dai grandi autori del canone che sempre l'hanno ispirata, Dante in primis - e le esperienze culturali più oscure e marginali, come quelle di emigranti, popolani, vagabondi, irregolari. Irregolare e spesso geniale è il risultato della sua creazione, in cui si mescolano tonalità fiabesche e recuperi dalla lingua antica, oralità dialettale e moderna colloquialità, nuda parola e musica, nella forma della canzone popolare e della rarità etnografica?.
Elementi ispiratori e strutturanti che ricompaiono anche in Primamà, lombarda Eva millenaria che resiste, ricorda, tramanda, con la mera forza delle parole, una ribellione che riscrive l'intera storia del mondo mettendola al centro di un punto di vista inedito: quello delle donne.
Gli anni passano, i libri e i riconoscimenti alla carriera si accumulano, ma la forza sovversiva della scrittura di Pariani rimane intatta, e ne fanno un'accreditata nipotina dell'ingegner Gadda - non mancano neppure gli anni d'Argentina! -, magari dopo un giro di Sacro Monte in compagnia di Giovanni Testori.